IO SONO CUCCHI
#IOSONOCUCCHI. Una instagram per Cucchi.
Rimango fisso per alcuni eterni istanti a fissare il ricordo di una immagine già andata via dal telegiornale.
Notizie su notizie, nero su nero, il nostro paese è solo una parvenza di una memoria o di una storia, di un’eco ormai fragile tra le montagne dei nostri pensieri.
E tra tutte le vicende incrociate in un divulgatore di casi come un telegiornale rimango fisso a guardare il viso di un ragazzo che non ha avuto più difese.
Un caso, come altri, come tanti, di una persona vittima di poteri forti e, per questo, non protetto. Ma ucciso.
Ricordo di essere stato furioso e impotente nei confronti del destino di uno sconosciuto in un frangente della mia vita e forse avrei dovuto pensare ai miei problemi più quotidiani.
Ricordo di aver visto il grigio di una giustizia non corretta
Ricordo di essermi visto piccolo.
Ricordo un nome.
Da wikipedia, in sintesi:
“Il 15 ottobre 2009 Stefano Cucchi venne trovato in possesso di 21 grammi di hashish e antiepilettici. In conseguenza di questo venne decisa la custodia cautelare; in tale data il giovane non aveva alcun trauma fisico. Il giorno dopo venne processato per direttissima. Già durante il processo aveva difficoltà a camminare e a parlare e mostrava inoltre evidenti ematomi agli occhi; il giovane parlò con suo padre pochi attimi prima dell’udienza ma non gli disse di essere stato picchiato. Dopo l’udienza le condizioni di Cucchi peggiorarono ulteriormente, e venne visitato all’ospedale Fatebenefratelli. Venne quindi richiesto il suo ricovero che però venne rifiutato dal giovane stesso. In carcere le sue condizioni peggiorarono ulteriormente. Morì all’ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre 2009.”
“Le indagini preliminari sostennero che a causare la morte sarebbero stati i traumi conseguenti alle percosse, il digiuno (con conseguente ipoglicemia), la mancata assistenza medica, i danni al fegato e l’emorragia alla vescica che impediva la minzione del giovane. Inoltre determinante fu l’ipoglicemia in cui i medici lo avevano lasciato, tale condizione si sarebbe potuta scongiurare mediante l’assunzione di un semplice cucchiaio di zucchero.”
Questa è parte della storia, tenendo conto anche dell’esito della III Corte d’Assise, nota a tutti.
Viviamo in tempi strani, guardiamo il nostro paese andarsene prima di noi, senza poter dire o fare molto, perché lo lasciamo andare. Si definiscono poteri forti quelli che fanno le nostre veci, per un bene virtuale, di apparenza, che paradossalmente in un equilibrio vizioso servono solo a coprirsi e a difendere le proprie falle di sistema, dimenticandosi di noi.
A volte dicono di essere dalla nostra parte, ma poi, dopo aver commesso e nascosto il danno, fuggono, lasciandoci soli. Se ne vanno, con l’unico coraggio tra le righe di invitarci ad andarcene in silenzio.
Dal momento di rabbia ho avuto l’intenzione di dover provare a fare qualcosa.
L’occasione è venuta proponendo di creare un tappeto di instagram come già fatto in alcune occasioni di eventi culturali con gli amici di Igers Abruzzo. Tante foto di tanti sconosciuti avrebbero composto la grande foto di un primo piano di Stefano Cucchi.
Per fare questo abbiamo cercato la sorella di Stefano, Ilaria, che con sua madre ha accolto con favore l’iniziativa.
E ora eccoci qui.
Invito tutti a farsi una foto con un primo piano e a imbavagliarsi, come segno che la giustizia, quella vera, quella umana, è stata privata della sua voce.
Una volta fatta la foto basta che la mettiate su Instagram taggandola sul primo commento con #iosonocucchi. O se non avete Instagram c’è facebook su cui postare le vostre foto o su cui leggere bene il regolamento: www.facebook.com/iosonoCucchi
Stesso regolamento su Instagram seguendo l’account @contestme.
Imbavagliatevi.
Come se foste la persona di famiglia a cui hanno cancellato la voce per gridare la perdita del proprio fratello.
Come se il bavaglio avesse assorbito con violenza ogni vostra singola parola.
Come se per un attimo, sconosciuto per sconosciuto, si senta la stessa solidarietà più intima.
Faccio mie le parole del regista del film dedicato al caso Cucchi:
“Qualcuno che rappresenta ed agisce per conto dello Stato ha ‘imbavagliato’ Stefano. Ancora oggi questo bavaglio è stretto e noi con il nostro lavoro, vogliamo provare a sciogliere quel nodo e ci auguriamo che ciò accada. Non è un caso di malasanità e non possiamo accettare che cali il silenzio e l’omertà anche su questa vicenda come su tante altre.” Maurizio Cartolano, regista di “148 Stefano mostri dell’inerzia”.
I poteri forti? Sono le ombre del nostro tempo. Il contatto più disumano dell’umano.
E per una volta la fragilità si fa sconosciuta e ti toglie dal calore di una casa. E dei tuoi amori.
E non riesco più a parlare.
(Un grazie per la foto a Debora Smith. E a Pam.)