ParkPrivé per Boxxx, sesso e morale in città.
Progetto ParkPrivé per Boxxx,
sesso e morale in città.
svolto a ottobre presso lo spazio BR1 di Montesilvano Colle,
sotto proposta dell’artista Pep Marchegiani,
ho avuto modo di progettare con deZign Studio
l’immagine di un’idea di parcheggio del sesso,
visto la problematica affrontata di recente
proprio nella città che ci ha ospitato.
Con deZign Studio si è cercato quindi di trovare
una soluzione considerando il fattore estetico e pratico
in un generale contesto urbanistico,
abbattendo tabù e ipocrisia.
Partendo da un modulo a “L” disposto in diagonale
si ha la facilità di una gestione dello spazio
utile sia per l’occupazione del suolo
sia per la cosidetta privacy con il sistema
di pareti o di “gallery”.
ParkPrivé mi è sembrato il giusto nome
per identificare un’idea di questo tipo,
abbinando una grafica pulita e lineare
con un tocco di pop dato dal fucsia.
La K stessa del marchio allude alla disposizione
del parcheggio.
Il payoff: “Non c’è divieto. Di sosta.”
dice già tutto, senza rendere pesante il messaggio.
Oltre questo devo dire che Boxxx
per la tematica affrontata è andata davvero molto bene.
Come evento ha creato interesse sia per il dibattito,
sia per le performance presenti.
Notevole è lo spazio BR1 di Montesilvano Colle,
soprattutto con la cucina interna che ha dato modo
di offrire un ottimo finger food.
Erano esposti anche i progetti di
Marco De Archangelis e Amedeo Monaco.
Inoltre vorrei invitarvi subito ad andare
su enviconcept.com per apprezzare
nel dettaglio tutta la situazione avvenuta
con foto e video in archivio delle opere e delle performance
di reading.
Questo mese è inoltre presente un reportage
su Intercity Magazine.
#iosonoCucchi. Esito dell’iniziativa.
#iosonoCucchi. Esito dell’iniziativa.
tra quelli che ho avuto modo di ideare e o portare avanti quest’anno.
Emozionato, certo.
I ragazzi che mi conoscono e sanno come divento sotto pressione
in quei particolari momenti sanno che ho l’attenzione rivolta ai particolari,
e sabato, nonostante lo stress, quando ho visto e sentito Ilaria Cucchi
la sensazione nitida che avevo fino agli occhi era
“emozionato”, senza altri dettagli.
Non finirò mai di dire che Ilaria e la famiglia
sono l’espressione di una volontà forte e decisa,
incredibilmente tanto, visto ciò che hanno subìto
e che ancora oggi provano nel loro quotidiano.
Sono persone come noi che hanno avuto la vita spezzata e ingoiata
da pressioni esterne e forze devastanti
e che per questo meritano il continuo rispetto.
E la continua riflessione.
#iosonoCucchi: questa è la nostra concezione di giustizia
che storia e fatti dimostrano essere più tangibile di quella dichiarata dalle aule.
Credo personalmente che lo stato italiano e l’amministrazione della Giustizia Italia sia,
in alcuni casi, per alcuni cognomi, totalmente impreparata, totalmente non umana.
Per questo, per quello che vale il tappeto di instagram di 500 persone,
tutto quello che abbiamo voluto dire a Ilaria e a casi come il suo è che non si è “soli”.
E che la giustizia “umana” può esistere ancora.
L’idea, nata da uno stupore avuto davanti un tg
mentre ero seduto a pranzo,
è niente se non ha la collaborazione delle persone.
Quindi i miei più profondi ringraziamenti
all’instancabile task force di igersabruzzo.it
senza la quale tutto questo non sarebbe potuto accadere:
Antonella Fantini, Debora Nasuti, Nicola D’Ercole e i volontari del giovedì notte,
ringrazio Pamela Testa e Debora Smith per la creazione della campagna pubblicitaria
(e ci siamo davvero capiti al volo),
ringrazio Stefano Pollio e Gianluca Suarato
per avere creato un prezioso e fondamentale e bel sito:
iosonocucchi.it,
ringrazio ovviamente l’intero staff
della redazione di Mente Locale
con le persone coinvolte
che hanno potuto ospitarci nel Festival delle Letterature dell’Adriatico,
curare i contatti stampa e con tutti gli annessi e connessi
(vederci contemporaneamente sulle tre maggiori testate locali
e sulle principali televisive regionali non è da poco).
E ovviamente i 500 e passa sconosciuti e conosciuti
che hanno dato vita ad uno dei più intensi tappeti fotografici di quest’anno.
Grazie.
AGROALIMENTA 2013
Visual Fiera “Agroalimenta”, Lanciano (Ch)
Continua la collaborazione con l’Ente Fiera di Lanciano.
Questa volta ho avuto il piacere di rinnovare l’immagine
della fiera dei prodotti tipici “Agroalimenta”.
Il logo non è stato modificato, a differenza invece
del visual pubblicitario e dello slogan.
Sono partito dal presupposto che
“si è ciò che si mangia”,
richiamando sia la necessità del mangiar bene
sia la responsabilità del difendere
la cultura della cucina nel territorio.
L’idea è stata quella di impersonare le particolarità
culinarie nostrane (alcune) con le figure di tre muse
nate dal buon cibo
che nella loro bellezza esteriore richiamano
al concetto di benessere e, di conseguenza,
alla causa interiore
del saper scegliere ciò che si mangia.
Inoltre i tre colori “indossati”
richiamano la bandiera italiana,
a sottolineare la tipicità nazionale.
L’headline abbinata diviene quindi:
“La bontà è un’attitudine”,
reinterpretando un principio della Hepburn,
qui non più “eleganza”, ma bontà come naturalezza.
Note a margine:
fanno riflettere le sottili critiche, tranquillamente,
di chi vede ancora per “l’ennesima volta” l’uso
di figure femminili nelle mie pubblicità.
Non so per quali ragioni ci siano queste analisi,
ma sovviene da dire che, per quanto riguarda
la Fiera, delle tre immagini curate
quest’anno solo questa è quella basata
su immagini di donne.
Qui tra l’altro, in verità, e capisco
che possono esserci pareri intellettualmente diversi,
nell’interpretazione sensibile di tre Muse.
Dove va la cultura oltre i confini della provincia?
Ci rifletterò.
Vi invito a visitare la fiera questo fine settimana,
a Lanciano, in Abruzzo, e a degustare gli assaggi proposti.
Non mancate.
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IO SONO CUCCHI
#IOSONOCUCCHI. Una instagram per Cucchi.
Rimango fisso per alcuni eterni istanti a fissare il ricordo di una immagine già andata via dal telegiornale.
Notizie su notizie, nero su nero, il nostro paese è solo una parvenza di una memoria o di una storia, di un’eco ormai fragile tra le montagne dei nostri pensieri.
E tra tutte le vicende incrociate in un divulgatore di casi come un telegiornale rimango fisso a guardare il viso di un ragazzo che non ha avuto più difese.
Un caso, come altri, come tanti, di una persona vittima di poteri forti e, per questo, non protetto. Ma ucciso.
Ricordo di essere stato furioso e impotente nei confronti del destino di uno sconosciuto in un frangente della mia vita e forse avrei dovuto pensare ai miei problemi più quotidiani.
Ricordo di aver visto il grigio di una giustizia non corretta
Ricordo di essermi visto piccolo.
Ricordo un nome.
Da wikipedia, in sintesi:
“Il 15 ottobre 2009 Stefano Cucchi venne trovato in possesso di 21 grammi di hashish e antiepilettici. In conseguenza di questo venne decisa la custodia cautelare; in tale data il giovane non aveva alcun trauma fisico. Il giorno dopo venne processato per direttissima. Già durante il processo aveva difficoltà a camminare e a parlare e mostrava inoltre evidenti ematomi agli occhi; il giovane parlò con suo padre pochi attimi prima dell’udienza ma non gli disse di essere stato picchiato. Dopo l’udienza le condizioni di Cucchi peggiorarono ulteriormente, e venne visitato all’ospedale Fatebenefratelli. Venne quindi richiesto il suo ricovero che però venne rifiutato dal giovane stesso. In carcere le sue condizioni peggiorarono ulteriormente. Morì all’ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre 2009.”
“Le indagini preliminari sostennero che a causare la morte sarebbero stati i traumi conseguenti alle percosse, il digiuno (con conseguente ipoglicemia), la mancata assistenza medica, i danni al fegato e l’emorragia alla vescica che impediva la minzione del giovane. Inoltre determinante fu l’ipoglicemia in cui i medici lo avevano lasciato, tale condizione si sarebbe potuta scongiurare mediante l’assunzione di un semplice cucchiaio di zucchero.”
Questa è parte della storia, tenendo conto anche dell’esito della III Corte d’Assise, nota a tutti.
Viviamo in tempi strani, guardiamo il nostro paese andarsene prima di noi, senza poter dire o fare molto, perché lo lasciamo andare. Si definiscono poteri forti quelli che fanno le nostre veci, per un bene virtuale, di apparenza, che paradossalmente in un equilibrio vizioso servono solo a coprirsi e a difendere le proprie falle di sistema, dimenticandosi di noi.
A volte dicono di essere dalla nostra parte, ma poi, dopo aver commesso e nascosto il danno, fuggono, lasciandoci soli. Se ne vanno, con l’unico coraggio tra le righe di invitarci ad andarcene in silenzio.
Dal momento di rabbia ho avuto l’intenzione di dover provare a fare qualcosa.
L’occasione è venuta proponendo di creare un tappeto di instagram come già fatto in alcune occasioni di eventi culturali con gli amici di Igers Abruzzo. Tante foto di tanti sconosciuti avrebbero composto la grande foto di un primo piano di Stefano Cucchi.
Per fare questo abbiamo cercato la sorella di Stefano, Ilaria, che con sua madre ha accolto con favore l’iniziativa.
E ora eccoci qui.
Invito tutti a farsi una foto con un primo piano e a imbavagliarsi, come segno che la giustizia, quella vera, quella umana, è stata privata della sua voce.
Una volta fatta la foto basta che la mettiate su Instagram taggandola sul primo commento con #iosonocucchi. O se non avete Instagram c’è facebook su cui postare le vostre foto o su cui leggere bene il regolamento: www.facebook.com/iosonoCucchi
Stesso regolamento su Instagram seguendo l’account @contestme.
Imbavagliatevi.
Come se foste la persona di famiglia a cui hanno cancellato la voce per gridare la perdita del proprio fratello.
Come se il bavaglio avesse assorbito con violenza ogni vostra singola parola.
Come se per un attimo, sconosciuto per sconosciuto, si senta la stessa solidarietà più intima.
Faccio mie le parole del regista del film dedicato al caso Cucchi:
“Qualcuno che rappresenta ed agisce per conto dello Stato ha ‘imbavagliato’ Stefano. Ancora oggi questo bavaglio è stretto e noi con il nostro lavoro, vogliamo provare a sciogliere quel nodo e ci auguriamo che ciò accada. Non è un caso di malasanità e non possiamo accettare che cali il silenzio e l’omertà anche su questa vicenda come su tante altre.” Maurizio Cartolano, regista di “148 Stefano mostri dell’inerzia”.
I poteri forti? Sono le ombre del nostro tempo. Il contatto più disumano dell’umano.
E per una volta la fragilità si fa sconosciuta e ti toglie dal calore di una casa. E dei tuoi amori.
E non riesco più a parlare.
(Un grazie per la foto a Debora Smith. E a Pam.)